2 novembre 2016

Il Cyberspazio di C. Poian (and I agree).

"Un non luogo. Il cyberspazio è materia duttile perché rappresenta un insieme di entità non fisiche: i dati che viaggiano all'interno delle reti informatiche di tutto il mondo. È uno spazio che non esiste, creato artificialmente da un'operazione di formalizzazione. 
È semantizzazione di un sistema regolato dalle leggi basilari dell'elettronica e della fisica."


(Cristiano Poian. Rez, L'estetica del codice, l'arte del videogioco. Collana: Ludologica. Videogames d'autore. 2007, Ed. Unicopli)

29 ottobre 2012

Dopo 11 anni, io vedo Master Chief.

(Quando le cose sono sempre state oggettivamente viziate da qualcosa che non torna...)

di Luigi Marrone



          Halo mi ha sempre fatto pensare a una macchina cocciutamente nutrita, imbottita e dopata da Microsoft affinché potesse erigersi quale universo fantascientifico unico, esclusivo e originale. Un patchwork di buone intenzioni per un patchwork di idee perlopiù riciclate: fumetti, romanzi, anime, action figure, costruzioni, filmati live, progetti di film abbandonati... Senza contare le edizioni speciali/limited dei giochi, zeppe di documenti, schede e diari nel tentativo di spingere il giocatore a credere nella bontà dell’universo Halo. Ma saranno forse stati gli spazi aperti del primo Combat Evolved, la goffaggine dei primissimi covenant nani incontrati (i Grunt con la parlantina scema), Master Chief quale copia umanoide e raffazzonata di Robocop (ma con una corazza tutto fuorché esaltante)… 
Marchiato a fuoco da questo iniziale imprinting, la sensazione di seriosa velleità con cui Microsoft ha poi cercato negli anni d’imbastire una posticcia credenzialità alla sua serie ha fatto non poca fatica a persuaderrmi.
Eppure, puntualmente, chissà perché, non ho mai perso l’occasione di giocare qualsiasi Halo in commercio,  incluso lo strategico Halo Wars.
Poi, ieri l’altro, capita di vedere in modo disincantato lo “Scanned” Trailer del prossimo Halo 4, con tutto il suo concentrato dei bambini/futuri Spartan strappati dal loro letto durante il sonno e rimpiazzati con cloni. E quindi le privazioni affettive, i potenziamenti dolorosi, la gioventù perduta per una minaccia aliena ancora da venire... Tutto questo, in due minuti di filmato. E non so perché diavolo è accaduto, sta di fatto che ho cominciato a sentire una scintilla di genuinità verso la cosa. Come se l'universo Halo, dopo una botta la cerchio e una alla botte, avesse preso a scoppiettare. 
Sensazioni, certo, ma che si sono attestate con Halo 4: Forward Unto Dawn, la miniserie di 5 episodi diretta da Stewart Hendler, dietro la direzione artistica di Josh Holmes (direttore artistico della 343 Industries, la compagine Microsoft dedicata ad Halo). 
La miniserie in questione, in uscita ogni venerdì a partire dal 5 Ottobre e disponibile in buona definizione sul canale Waypoint di Xbox Live, va a comporre un lungometraggio che farà da antipasto live alla voglia di rimettersi nei panni di Master Chief con Halo 4, in uscita il 6/11.
     Ora, dopo aver visionato i 4 episodi disponibili, cos'altro dire oltre al fatto è possibile constatare che da un punto di vista estetico-conturbante il budget stanziato di svariati milioni ha dato i suoi frutti? 
Di certo c'è da rimarcare che i cliché narrativi sono giustamente circostanziati ai luoghi militari (esercitazioni estenuanti, disobbedienza agli ordini, morte di fratelli, drammi personali, ecc…), tuttavia  la storia del cadetto Thomas Lusky e dei suoi compagni dell’accademia di Corbulo riesce a infondere ciò che può provare un giovane cadetto a cui di colpo si presenta una minaccia di guerra mai sospettata: i Covenant.
Ripeto, ho giocato tutti gli Halo disponibili su XBox, sono stato nei panni di un ODST e conosco a menadito interi pezzi di sessioni di gioco. Ma mai, mai mi sarei sognato di farmela sotto per l’arrivo di un Covenant come nel 4° episodio di Forward Unto Dawn
L'incontro spara la tensione a mille. L'impietosa violenza dei Covenant verso ragazzi inermi è deprecabile. L'eventualità di veder sorgere dentro sé un inaspettato odio viscerale verso ciò che nel primo Halo sembravano solo strambi alieni è più che reale. 

Più di tutto, l’arrivo di quel bestione d'acciaio di Master Chief, finalmente caratterizzato in modo da infondere inquietudine con la sua presenza ultra-pompata. 


Parliamo di Master Chief e della sua corazza, finalmente. Del sentirne il peso, l’imponenza, la potenza, il suono dei servomotori, i passi.
Di come faccia sentire sicuri il camminare dietro le sue spalle, quando per mezzo metro la sua altezza ci sovrasta.
“Oh, merda! Ecco chi è Master Chief!” mi son trovato a esclamare d'un tratto, come lo vedessi per la prima volta.
Perché sì, mi è sembrato di vedere Master Chief per la prima volta.
Solo, dopo 11 anni.

Perché le cose, a volte, possono sorprendere in modo inaspettato. 
Anche quando sono sempre state oggettivamente viziate da qualcosa che non torna...

25 novembre 2011